Rispetto al contesto di un'abitazione privata, installare telecamere in un condominio è questione ben più complessa.
Nel caso di un palazzo con più appartamenti vengono, infatti, a crearsi problemi legati non solo alla scelta condivisa (chi è d'accordo e chi non lo è), ma anche alla privacy dei singoli condomini e delle persone esterne che vengono riprese dalle telecamere.
A questo proposito meglio guardare cosa dice la normativa introdotta dalla cosiddetta "riforma del condominio".
La "riforma del condominio" (legge 220/2012) chiarisce a cosa prestare attenzione nel momento in cui si installano le videocamere e si raccolgono le immagini.
Occorre, innanzitutto, distinguere l'iniziativa del singolo o della collettività (intesa come maggioranza in assemblea).
Secondo la legge il singolo ha la facoltà di installare una o più telecamere se e solo se queste riprendono la sua proprietà.
Per cui, esempio banale, la porta di casa, ma non il pianerottolo o le scale; la porta del garage, ma non il cortile esterno o il giardino condominiale.
Per i videocitofoni vige lo stesso principio: se le immagini non vengono diffuse a terzi, il privato è libero di installare le apparecchiature senza misure preventive.
La situazione cambia quando è l'interesse della maggioranza a portare all'installazione di videocamere di sicurezza che riprendono le parti comuni del condominio.
In questo caso vige l'obbligo di segnalare la presenza delle telecamere e l'eventuale collegamento dell'impianto con le forze dell'ordine.
Inoltre, dato che alle immagini si applica la normativa sulla privacy, solo il responsabile del trattamento dei dati (amministratore del condominio o agenzia di videosorveglianza incaricata o altri) può accedervi.
Non è consentito riprendere altri edifici, strade o parti non comuni dell'edificio.